C’era una volta un giovane cacciatore che era davvero un bravo ragazzo. Un giorno nel bosco incontrò una vecchietta che chiedeva la carità e le dette da bere e da mangiare.
- Caro cacciatore – gli disse la vecchina – sei stato buono con me ed io voglio farti un regalo per il tuo buon cuore.
Da una borsa tirò fuori un orologio vecchio e malandato, con il vetro rotto e le lancette penzolanti.
- Mi raccomando conservalo con cura – disse la vecchina – e stai molto attento a non perderlo, perché è un oggetto prezioso.
Il ragazzo pensò che la vecchina fosse un po’ pazza, ma non voleva offenderla, visto che era così povera e si stava privando dell’unica cosa che aveva.
- Grazie signora! – le disse gentilmente – Mi sarà molto utile.
Poi si mise in tasca l’orologio e se ne andò, dopo aver salutato affettuosamente la vecchietta.
Camminò per molto ore e verso mezzanotte giunse in un paesino sperduto e dopo aver girato a lungo in cerca di qualcuno, scoprì che quel luogo era completamente disabitato. Si fermò davanti ad una casa che aveva attirato la sua attenzione: era vecchia, cadente, aveva la facciata del tutto ricoperta da una folta vegetazione ed era l’unica nel paese ad avere le finestre illuminate.
Il ragazzo si sentiva molto combattuto: quella casa lo affascinava, ma al tempo stesso lo spaventava. Comunque, dopo una lunga riflessione, decise di entrare. Spinse la porta che non era chiusa a chiave e si spalancò cigolando. Si ritrovò in un corridoio stretto e lungo, illuminato a giorno dalla luce di centinaia di candele. Quando il ragazzo cominciò ad avanzare lentamente sul pavimento, che scricchiolava in maniera sinistra, la porta si chiuse alle sue spalle con un gran frastuono e lo spostamento dell’aria spense d’un colpo tutte le candele. Il giovane era paralizzato dal terrore, si sentiva davvero in trappola, ma non si perse d’animo e raccogliendo le sue forze residue, andò avanti. Si poggiò per un attimo al muro e sotto la sua mano si aprì un passaggio segreto. C’era una scala molto ripida, di legno ammuffito e tarlato, piena di ragnatele. Dal piano superiore filtrava una luce tenue e senza pensarci un attimo il cacciatore salì. Sotto i suoi piedi, i gradini sembravano sul punto di cedere, ma in qualche modo, reggendosi al corrimano, arrivò in cima. Giunse in una stanza molto grande, ingombra di oggetti con degli strani macchinari, che gli fecero pensare di essere capitato in un laboratorio. L’orologio nella sua tasca cominciò a vibrare.
- Benvenuto, amico mio – disse una voce alle sue spalle.
Il cacciatore si girò di scattò e si trovò davanti un personaggio davvero originale: era alto e magro come uno stecchino, aveva la testa completamente calva, tonda e lucida come una sfera di cristallo e indossava un lungo camice bianco, logoro e rattoppato. Ma la cosa più incredibile in lui erano gli occhi, che esprimevano una straordinaria intelligenza e una certa sensibilità.
- Ma lei chi è? – domandò il cacciatore – E in che razza di posto sono finito?
- Sono il prof. Printz-Prost – disse l’anziano – e sono uno scienziato che lavora sul tempo. Questo è il mio laboratorio e se sei arrivato fin qui, forse hai qualcosa che mi appartiene, mi sbaglio?
In quello stesso istante, l’orologio saltò fuori dalla tasca del ragazzo e si andò a posare docilmente sulla mano dello scienziato, come quando un uccellino corre verso la sua mamma.
- Finalmente sei tornato! – disse il professore, visibilmente commosso – Senza di te stavamo davvero facendo una terribile fine…
- Ma cosa significa tutto ciò? – chiese il ragazzo – Non le sembra giusto spiegarmi qualcosa?
- Hai ragione, scusami – sorrise Printz-Prost – ora ti racconterò tutto. Devi sapere che da tantissimi anni stavo lavorando ad un progetto molto ambizioso: volevo costruire un orologio che dominasse il tempo. Avevo fallito centinaia di volte, finché un giorno, quando quasi non ci speravo più, dallo spazio cadde un grosso meteorite che conteneva un metallo sconosciuto con cui ho costruito l’orologio che mi hai riportato. Appena terminato cominciò a brillare come una stella e mi accorsi che aveva il potere di controllare il tempo: faceva sparire i momenti brutti e prolungava quelli belli all’infinito. Per il nostro paese seguì un lungo periodo felice, ma poi qualcosa cambiò. Le persone si abituarono troppo a quel benessere e non si emozionavano più come una volta. Questo evidentemente non piacque all’orologio, che un brutto giorno sparì nel nulla. Da quel momento, nel nostro paese, le persone divennero tristissime, si chiusero in casa ed uscirono solo quando era indispensabile. Ecco perché questo posto sembra disabitato.
A questo punto il professore sfiorò l’orologio con le dita ed immediatamente le lancette cominciarono a girare vorticosamente in senso antiorario e dal quadrante si sprigionò un bagliore accecante che, attraverso le finestre, illuminò il paese come se fosse giorno. Miracolosamente le porte di tutte le case si spalancarono e le persone, piene di una nuova energia positiva, uscirono nelle strade per festeggiare: sicuramente da quel giorno avrebbero saputo meritarsi la felicità.
Da una collina che dominava il paese, la vecchina, che aveva regalato l’orologio al cacciatore, osservava la scena soddisfatta: aveva scelto la persona giusta e adesso anche lei poteva tornare a casa felice. E sparì in un lampo di luce.
Classe IV A (2012 - 2013) - Scuola primaria Tintoretto insegnante Loredana Campagna